ALTROVERSO

Provare a fotografare il cielo da una metropoli inquinata, senza filtri, senza strumenti apocromatici, usando una singola posa e senza intervenire con ritocchi post-produzione. Già... e usando una telecamera planetaria. Novembre 2013

INTRODUZIONE

Il cielo inquinato e lattiginoso di Milano non è certo luogo per fotografare il cielo profondo. Se poi si sceglie di farlo con una telecamera planetaria, utilizzare un solo scatto (lungo o breve che sia), e un obiettivo o telescopio estremamente economici è una idea malsana ma, a modo suo, divertente. Nessun filtro interferenziale o di altro tipo ad aiutare ottica e camera di ripresa e la rinuncia a maquillage di post produzione, se non la semplice di possibilità di intervenire sui livelli di contrasto, concludono il quadro di ripresa “acqua e sapone”.

Ovviamente non si può pensare di ottenere risultati di rilievo, ma ciò che resta sullo schermo può essere sufficiente a farci divertire e a comprendere i limiti di ottiche non progettate per questo tipo di ripresa.

IL PRIMO TENTATIVO: PER CASO

La camera è una semplice ASI 120MM (versione monocromatica) nata per essere efficace nelle riprese planetarie (sensore di dimensioni limitatissime, pixel molto piccoli e alto frame rate possibile).E’ probabilmente l camera peggiore per questo tipo di applicazione ma è quella disponibile nella mia postazione milanese e quindi con questa si deve lavorare.

Il teleobiettivo è un residuo del secolo scorso. Focale classica di 135mm, sottomarca da produzione di lavatrici a bassi giri, acquistato più di quindici anni fa in qualche mercatino sul ciglio della strada per poche lire.

Il raccordo di collegamento camera-obiettivo è autocostruito trasformando un vecchio raccordo Meade per camera fotografica accorciato sino a ottenere una distanza tra obiettivo e sensore di ripresa adatta alla messa a fuoco.

Il “prestigioso” (hihihi) teleobiettivo russo da 135mm aperto, al massimo, a f 3,5. Lo stato del filtro “skyglow” anteriore è in stato pietoso e andrebbe quantomeno pulito. E’ un problema di cui non mi sono curato nella realizzazione delle immagini che certo non hanno tratto beneficio dallo stato delle ottiche.

M42 ripresa la notte del 26/11/2013 dalla città di Milano. Camera ASI 120MM + teleobiettivo 135mm. Singolo scatto da 7 secondi.

Il problema di questo raccordo è il metodo di fissaggio del nasello della camera che avviene tramite la classica vite di spinta. In questo caso, date le tolleranze non proprio da primato, il serraggio della vite porta a una inclinazione percepibile della camera rispetto all’asse ottico corretto.

Questo si palesa in modo macroscopico nella forma delle immagini stellari riprodotte che appaiono “comatose” in modo non simmetrico rispetto al campo inquadrato, segno che ai problemi insiti nell’ottica del teleobiettivo si aggiungono quelli ben più gravi dovuti alle flessioni del treno ottico.

La possibilità di eseguire un singolo scatto per immagine fa sì che non si possano correggere le foto con operazioni di somma, oppure riprendere con tempi e sensibilità differenti le varie parti dell’oggetto di interesse e poi compositarle ad arte. Se (parlando di M42) il centro della nebulosa è molto luminoso rispetto al resto finirà con il risultare irrimediabilmente sovraesposto senza alcuna chance di rimediare in post produzione.

M42 ripresa la notte del 26/11/2013 dalla città di Milano. Camera ASI 120MM + rifrattore acromatico Sky-Watcher 102/500. Singolo scatto da 17 secondi.

Anche l’altra ottica usata, un economico rifrattore SkyWatcher 102/500 acromatico, rappresenta un limite notevole affetto com’è da cromatica residua accentuata e non corretto da filtri selettivi di alcun tipo.

Anche il suo focheggiatore, accettabile in uso visuale, si rivela pressoché inutilizzabile in ambito fotografico (flessioni, dondolamenti “spugnosi”, etc..)

A tutto questo si aggiunga poi il bianco cielo milanese con una magnitudine visuale che non va oltre la 3° magnitudine.

FLAME NEBULA + HORSE HEAD NEBULA riprese la notte del 26/11/2013 dalla città di Milano. Camera ASI 120MM + rifrattore acromatico Sky-Watcher 102/500. Singolo scatto da 17 secondi.

Nonostante queste premesse ho tentato di riprendere la nebulosa fiamma, posta appena ad est dell’asterisma noto come Spada di Orione. Il problema principale legato alla nebulosa in questione è il grande divario di luminosità che la separa dalla vicina Alnitak. Se quindi non è possibile intervenire con artifici a ridurre le dimensioni stellari delle sorgenti più luminose si otterranno inevitabilmente immagini in cui le stelle principali appariranno come gonfi palloncini.

Inoltre, lavorando sotto cieli fortemente illuminati e lattiginosi, ottenere un contrasto accettabile senza utilizzare filtri è solo una questione di “tempi di esposizione”.

Quando, dopo 30 secondi di esposizione, l’immagine è apparsa sul monitor ho potuto apprezzare la sagoma della Flame Nebula. Ho scattato altre due immagini con tempi di esposizione minori e diversi settaggi del “signal gain” che hanno però portato risultati peggiori.

E’ stato solamente nello scrivere queste righe che mi sono accorto della inconfondibile ed evanescente “ombra” della Horse Head Nebula.

PRIME CONCLUSIONI

Quelle mostrate sono le prime prove effettuate in una sera di tardo novembre in cui il seeing medio non permetteva proficue riprese planetarie. Nulla è stato pianificato e la strumentazione e tecnica utilizzata rispettano in pieno non solo il concetto di “astronomia economica” ma anche e soprattutto quello di “astronomia semplicistica”.

Ritengo che l’improvvisata esperienza possa essere ripetuta, possibilmente migliorando le condizioni di contorno e affinando un minimo la strumentazione, nel tentativo di migliorare i risultati e immaginare i limiti di questo tipo di approccio.

NUOVE PROVE

La sera del 4 novembre 2013 per miracolo, perché di miracolo trattasi, sono rientrato presto dal lavoro e mi sono dedicato alla preparazione del set-up.

Ho creato una piastra passo Losmandy di supporto per il piccolo ed economico SkyWatcher 102/500 e l’ho installato sulla Alter D-6, con non poco imbarazzo data la sproporzione delle masse e dimensioni in gioco. Infine ho applicato la piccola ASI 120MM e un filtro semi-apo da poco acquistato (e di cui sarà mia cura redigere un test adeguato) e provato a fare qualcosa...

La serata era piuttosto limpida per gli standard milanesi e così ho effettuato qualche ripresa di soggetti facili del cielo profondo di cui riporto gli scatti con le caratteristiche di ripresa. Come da inizio articolo le immagini sono il frutto di una singola posa (quindi senza operazioni di somma, sottrazione, maquillage vario) con la sola ripassata leggera in Photoshop per correggere alcuni livelli di fondo.

Mi sembra, stante le condizioni di contorno e la limitazione della posa singola che non permette tempi di esposizione superiori ai 15/20 secondi, che i risultati siano quantomeno dignitosi.

CONTINUA...

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