EIKOW 114/1200 - 115/1200 (STH-5000)

Anno 2019

INTRODUZIONE

C’è uno strumento che più di ogni altro incarna la bizzarria dell’astronomia amatoriale degli anni ’60 e che ha saputo conquistarsi un posto di nicchia nell’immaginario collettivo dei collezionisti. Non per prestazioni assolute e nemmeno per blasone ma perché è stato “il primo” in qualcosa. 

L’Eikow 114-1200 non è probabilmente il miglior 11 cm. esistente o esistito, non è il più bello, non è il più famoso, e pur molto difficile da trovare non è il “più” raro.

Ha però due primati che non sono da sottovalutare sia dal punto di vista “tecnico innovativo” che da quello “cinematografico”.

E’ infatti il primo strumento collassabile amatoriale prodotto ed è anche presente in ben cinque episodi di SPAZIO 1999, esattamente il n° 4 dell’anno 1, dal titolo originale: “RING AROUND THE MOON”, e il n° 6 dello stesso anno con titolo: “ANOTHER TIME, ANOTHER PLACE” e poi, nella seconda stagione, negli episodi 8: “ARCHAON”, 18: “ATTENTI AI TERRESTRI”, e 23: “IL LAMPO CHE UCCIDE”.

Nell’odissea spaziale della base lunare Alpha, il nostro Eikow 114-1200 è conosciuto con l’evocativo nome di “THERMAL LANCE” ma è anche usato, nella prima serie, come vero e proprio telescopio dal Dott. Victor Bergman.

E’ indubbio che io sia stato, e lo sia tutt’ora, un fan della serie televisiva prodotta tra il 1975 e il 1977 e resti profondamente legato all’indimenticabile Martin Landau per motivi che non svelerò (mi si conceda pur qualche mistero), ma anche se così non fosse sarebbe impossibile non citare l’opera parlando del particolare Eikow che ho accolto nella mia piccola collezione sentimentale.

Un altro primato dello strano telescopio costruito tra il 1968 e il 1973 riguarda la mutevolezza delle sue sigle. In Europa veniva venduto con i marchi di Paralux, Dauer, e Admiral mentre in Giappone manteneva il marchio originale Eikow.

Venne declinato in almeno tre versioni originali: 6TH-380, STH-4000, entrambe con dicitura 114/1200, e STH-5000 con dicitura 115/1200 oltre ad una serie di sigle “parallele” e proprie dei marchi di appoggio usati per la distribuzione europea e americana.

Sopra: la versione STH-4000 a sinistra e STH-5000 a destra (vendute al tempo rispettivamente a 40.000 e 50.000 yen). Sotto: la versione "entry level" 6TH-380 (prezzo di listino circa 32.000 yen).

Quando ho deciso di partecipare all’asta avevo solo poche immagini per considerare le terribili condizioni dello strumento e questo senza conoscere nulla dello stato degli specchi che temevo fossero completamente da rifare. Ho deciso comunque di strappare ai cugini del Sol Levante questa rarità e tentare di restituirgli almeno un poco dello splendore di un tempo.

Lo strumento è giunto dopo quasi tre mesi di attesa e dopo aver attraversato mezzo mondo via nave, unico modo per limitare un po’ i costi di trasporto di un bagaglio da oltre 25 chilogrammi di peso e un ingombro non proprio limitato. I più non riflettono ma il solo trasporto di un simile strumento, a cui vanno aggiunti i costi doganali, supera di slancio i 300 euro, poco meno di quanto oggi richiesto per un rifrattore ED da 60 millimetri con vocazione fotografica.

Sopra: immagini che accompagnavano l'asta giapponese. Le condizioni di ogni parte visibile dello strumento apparivano disarmanti ma avevo la speranza di poterlo riportare alla gloria

della fine dei "fabolous '60". Un bel rischio... 

Ricevere il “pacco” è stato emozionante e ammetto di avere indugiato a lungo prima di aprirlo, servendomi un tè aromatico per assaporare meglio il momento e quietare l’ansia per i rumori terrificanti che provenivano dal suo interno (ovviamente poi vedremo un imballo criminale che ha prodotto disatri terribili).

Per sola PIETA' ho deciso, nella stesura dell'articolo, di non pubblicare le immagini inerenti la montatura e il treppiedi che versavano in condizioni indescrivibili. Messo in un angolo il treppiedi, che avrei potuto restaurare, la montatura era invece rotta in più punti con il clamshell addirittura spezzato in quattro parti distinte. La testa equatoriale era irrecuperabile: non sono nemmeno riuscito a capire come fosse stato possibile ridurre in tal guisa una povera equatoriale storica. Inutile citare gli oculari, con le lenti passate a cartavetrata. Sarebbe stato bellissimo se il tutto fosse giunto nelle pur ammalorate condizioni mostrate nelle foto a corredo dell'asta a cui lo ho acquistato.

Ho piegato il capo e buttato il tutto in una scatola depositata in magazzino con la dicitura "TOXIC WASTE".

Posso solo sperare che al giapponese artefice dell'imballo e della spedizione possa venire un attacco di prurito e foruncoli devastanti.

Suparato lo sgomento iniziale e la conseguente grandissima delusione e pena per questo bellissimo strumento così maltrattato ho deciso di tentare un restauro almeno della parte del tubo ottico e così ho lavorato per quasi tre giorni con pazienza e solidarietà verso il buon raro Eikow che è rimasto silente, facendosi smontare, pulire, sistemare e riverniciare in quasi tutte le sue parti, forse conscio della bontà del mio lavoro e grato per l'inaspettato affetto che stava ricevendo.

Ho deciso di rinviare la verniciatura del lamierino bianco del tubo e la posa del velluto nero al suo interno dopo aver eseguito i primi test ottici per valutarne la spesa con maggiore attenzione. L'aspetto "quasi" finale del nostro newton con gli occhi a mandorla è ovviamente migliorato in modo radicale tanto da non sembrare nemmeno lo stesso strumento e persino gli specchi, molto degradati, hanno raggiunto uno stato quasi accettabile (più sul primario che sul secondario che probabilmente sostituirò o farò rialluminare).

La perdita della culla porta ottica originale mi ha obbligato all'acquisto di due anelli provvisori e così ho potuto, dopo una prima collimazione sul tavolo da lavoro, procedere alla "prima luce" in una notte di fine maggio 2019.

CARATTERISTICHE SALIENTI

Dotato dei nuovi anelli, di una barra a passo Vixen, del cercatore e di un oculare da 24,5mm. (il solo diametro accettabile dal canotto del focheggiatore, lo strumento pesa alla bilancia 5,7 kilogrammi per una lunghezza complessiva di 112 mm. (in configurazione da osservazione) con una buona distribuzione dei pesi grazie alla flangia anteriore al tubo che aiuta a bilanciarlo in modo adeguato.

Il focheggiatore appare piuttosto fluido senza impuntamenti né basculamenti meritandosi la promozione a "quasi pieni voti" per il solo fatto di avere la manopola in plastica e non in metallo che gli preclude il 10 in pagella. Confontato ai miserrimi focheggiatori Mizar, terrificanti sotto ogni aspetto e quasi inusabili anche solo in visuale, l'elemento Eikow appare sorprendente e di fattura semplice ma molto precisa nelle tolleranze.

Anche la celle degli specchi primario e secondario appaiono ben regolabili, morbide e ben realizzate pur nella loro semplicità tanto che, qualità ottica permettendo, è possibile raggiungere la collimazione senza penare troppo. Va comunque ricordato che si tratta di uno strumento di cinquant'anni di età e che, pur essendo allora un oggetto di pregio, non può essere paragonato ad un fuoriclasse odierno blasonato. 

Il cercatore, un classico 6x30 con regolazione diottrica, risulta ben regolabile ma ha purtroppo perso il crocicchio interno in fili di rame e, cosa più fastidiosa, ha uno degli elementi ottici dell'oculare opacizzato in modo irrecuperabile. Risulta comunque usabile, anche in modo più che adeguato al suo scopo, ma appare meno performante quando si deve puntare una stella debole. Nessun problema invece sugli astri di prima grandezza e sui pianeti o Luna. 

Diversamente da quanto si possa pensare vedendo le immagini della strana configurazione a traliccio della porzione posteriore del tubo la rigidità d'insieme è risultata adeguata e sorprendente tanto da non fare rimpiangere un tubo tradizionale. Ovviamente la configurazione "aperta" crea sicuramente riflessi e un po' di luce diffusa se non si osserva da cieli molto bui ma la cosa può essere facilmente risolta con un telo elasticizzato nero in stile "dobson" oppure, decidendo di tenere "montato" lo strumento, con un paraluce apposito per lo specchio primario che appare ai miei occhi soluzione molto più piacevole dal punto di vista estetico.

Ma, all’atto pratico, come si comporta il nostro Eikow?

Per rispondere compiutamente a questa domanda ho dovuto trascorrere qualche sera in sua compagnia e usarlo in condizioni eterogenee per inquinamento luminoso e seeing locale.

La prima impressione avuta, una volta rimontato lo strumento e puntato verso il cielo, è stata di un certo astigmatismo residuo che ho fatto fatica a capire se fosse totalmente dovuto all’ottica o ad un non corretto riposizionamento e collimazione delle ottiche.

In effetti, dopo aver lavorato ulteriormente alla collimazione e aver trovato un posizione “un po’ più corretta” del secondario, lo strumento ha affilato un poco la sua focalizzazione permettendo di gestire ingrandimenti consono ad un telescopio senza eccessivo affanno.

L’oculare da 12,5 millimetri con schema ottico HM (Huygens-Mitzenway), capace di sviluppare circa 100x, permette la chiara lettura del disco stellare formato da un paio di anelli di diffrazione e dal dischetto di Airy centrale. Benché continui ad emergere un certo astigmatismo di fondo il potere appare bene impiegabile e consente di osservare in modo adeguato sistemi stellari multipli non troppo difficili.

Salendo con i poteri fino ai 133x e ai 171x concessi rispettivamente dagli ortoscopici da 9 e 7 millimetri si tende a “plafonare” e raggiungere il limite di non ritorno.

Se i 133x appaiono ancora decorosamente gestibili il potere superiore dimostra di aver oltrepassato il limite mettendo in risalto una incapacità strumentale a gestire il fascio ottico.

Non convinto della situazione ho riportato sul banco da lavoro il 114/1200 e ho provveduto a smontare e rimontare nuovamente gli elementi ottici approfittando dell’occasione per eseguire una verniciatura dell’interno del tubo ottico. A disposizione avevo solamente uno smalto opaco ma non perfettamente nero (più un grigio scuro) ma l’ho impiegato ugualmente anche con il fine di fermare lo stato rugginoso delle pareti interne del lamierato del tubo.

Così “rifinito” il buon Eikow si è preparato ad una nuova sessione di prova.

Sulle stelle doppie si lavora decorosamente fino ad un massimo di circa 130/140x oltre cui l'immagine, pur restando godibile sia chiaro, tende a diventare "fuzzy" e meno agreable. Lo stesso avviene sui pianeti, almeno sull'iunico che ho potuto osservare con un minimo di comodità che, in questo periodo, risulta essere Giove. La sua altezza sull'orizzonte non permette osservazioni di picco ma alcuni strumenti come il Mak 178 Meade, il Vixen VMC200L e il mio Takahashi FC100N mi hanno comunque consentito di godere di un numero molto elevato di dettagli in notti di buon seeing e sicuramente più di quelli che avrei potuto disegnare se non con notevole impegno. In questo frangente il "nostro" EIKOW ha mostrato un po' la corda risultando piacevole ma certo lontano dalla pulizia e dal dettaglio offerto dagli altri telescopi. Nonostante questo osservare le volute bizzarre del pianeta gigante è stato divertente e il farlo con uno strumento tanto strano e atipico mi ha concesso qualche scampolo di distrazione.

Rasta, il STH-5000, soprattutto un oggetto bellissimo da possedere e guardare.

Nessuno vieta di usarlo, magari anche con qualche soddisfazione, ma la produzione dell'epoca aveva di meglio e comprarlo oggi significa soprattutto appagare un desiderio di rarità e di design.

CONCLUSIONI

Bellissimo, atipico, obiettivamente raro e non speculativo, il STH-5000 è un puro capriccio collezionistico. Vale la pena di impiegarlo qualche volta, magari in occasione di star party ove esporlo e permettere agli altri astrofili di vederlo e conoscerlo. Le sue prestazioni sono blande e non è per loro che va ricercato. 

Richiede inoltre una montatura molto stabile, quella dell'epoca non risulta usabile con gli standard odierni e credo che sarebbe ideale se installato su una altazimutale completamente nera e di massima semplicità costruttiva, magari su una colonna per evitare che il tubo colpisca le gambe di un treppiedi in legno. 

Lo trovo meraviglioso come oggetto di design in una casa che abbia lo spazio e l'architettura per ospitarlo, magari con un poster incorniciato in modo prezioso e una illuminazione dedicata.

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